vendita beni ereditari ed azione di riduzione


 

Not. Claudio Babbini, 29.01.2002, espone:

 

Tizio muore nel 1991, lasciando due testamenti, uno del maggio dello stesso anno, con cui nomina erede la moglie e lascia ai figli l'usufrutto sulla quota loro riservata per legge ed un secondo successivo testamento (dell'agosto dello stesso anno) con il quale nomina erede universale unicamente la moglie.

Il secondo testamento viene regolarmente pubblicato con atto ricevuto dal console italiano a Ginevra, presso il quale era stato depositato.

I figli non hanno mai intentato azione di riduzione, salvo manifestare una generica intenzione di rivendicare la loro quota di riserva con una dichiarazione autenticata nella firma dal Consolato di Ginevra.

Dovendosi stipulare l'atto di vendita di due immobili compresi nell'eredità ed uno dei figli ha intenzione di opporsi alla vendita di uno degli immobili, mentre per l'altro ha rilasciato procura alla madre, nella convinzione di essere erede.

Io ritengo che unica legittimata ad intervenire in atto sia la madre, quale unica erede in base al secondo testamento, mai ufficialmente contestato.

Ritengo altresì che una volta trascritto l'acquisto a titolo di erede della madre (ex art. 485 c.c. in forza del possesso dei beni ereditari) e l'atto di vendita il terzo acquirente sia al riparo da eventuali azioni da parte dei figli.

 


 

Not. Paolo Forti, risponde:

 

Se le date sono quelle che riporti, mi sembra che l'azione di riduzione possa dirsi prescritta.

 

In caso contrario, non credo che il problema possa dirsi risolto solo con la trascrizione mortis causa, perché la fattispecie non è quella dell'acquisto dall'erede apparente (art. 534 e 2652, n. 7), ma quella dell'acquisto di bene soggetto ad azione per reintegrazione della legittima (artt. 553, sgg., c.c.); azione tutelata senza limitazione alcuna: trascrizione o non trascrizione, buona fede o non buona fede.

 

Se poi l'erede vuole impugnare il nuovo testamento per qualche altro vizio (invalidità, etc.), sempreché sia ancora nei termini, la trascrizione mortis causa ugualmente nella specie potrebbe essere insufficiente, se l'acquirente non è in buona fede (artt. 534 e 2652, n. 7, c.c.).